Questo articolo è rivolto in particolar modo ai genitori dei bambini nati nel periodo dei maggiori cambiamenti tecnologici. E’ rivolto a quei genitori che intorno ai 30 anni sono diventati essi stessi genitori social, e senza poter avere alcuna misura di quelle che potevano essere le conseguenze dell’affidare la tecnologia ai loro bambini (che sono cresciuti con tablet, xbox, play-station e cellulari) lo hanno dunque fatto in modo inconsapevole. Come potevano immaginare che l’uso dei social, dei videogiochi etc. potesse essere più attraente dell’andare a giocare fuori, dell’andare fuori a incontrare gli amici? Come potevamo noi adolescenti, cresciuti tirando pian piano l’orario di rientro a casa, pensare che ci potesse essere una nuova adolescenza che avrebbe preferito starsene a casa a chattare, giocare on-line, prima che vedersi con gli atri, uscire, esplorare? Anche noi eravamo cresciuti con in casa uno strumento tecnologico, di cui i nostri genitori limitavano l’uso, per l’uso del quale talvolta ci rimproveravano: “Stai sempre attaccato/a alla televisione!”. Ma poi la tv si spegneva e il mondo, l’unico che conoscevamo, quello reale, si accendeva, e ogni cosa per noi e per i genitori tornava al proprio posto (o restava fuori posto se c’erano problemi nella realtà familiare o sociale). Ma non c’erano altri posti, altri mondi, non c’era il mondo virtuale che noi abbiamo visto nascere e crescere in modo esponenziale, fino a non conoscerne più, perché impossibile, tutti i contenuti. Fino a non poterne conoscere i confini perché confini non ci sono: immaginiamo una bolla contenente milioni, miliardi di informazioni e altrettanti collegamenti tra queste, in enorme e continua espansione. Ad alcuni sembra che questa bolla si sia portata dentro i propri figli (entrare con loro e capire i contenuti da cui sono attratti probabilmente è una delle cose che in primis bisognerebbe fare). Quando parlo della bolla che ha risucchiato dentro i ragazzi non mi riferisco esclusivamente al fenomeno degli Hichikomori, che ne costituisce l’estremizzazione. Secondo i dati forniti dall'Osservatorio Nazionale Adolescenza, 5 adolescenti su 10 trascorrono circa 6 ore della loro giornata extrascolastica attaccati ai telefonini, con punte di 10. Cosa avrebbero fatto in quelle ore se non ci fossero stati gli strumenti tecnologici? Probabilmente avrebbero vissuto, come noi ci aspettavamo, un’adolescenza simile a quella vissuta da noi nel passato. Avrebbero incontrato gli amici a casa propria, sarebbero stati ospitati da loro. Tutti gli adolescenti di un condominio si sarebbero conosciuti di sicuro in modo più profondo di quanto si conoscono oggi; avrebbero meno amici, ma probabilmente amicizie più intense, sarebbero andati di più in giro a conoscere, prima il quartiere e dopo la città… Il punto non è solo quello che avrebbero fatto ma come la loro personalità sarebbe stata modificata e arricchita da quelle esperienze. Il punto è come la loro personalità venga modificata e arricchita dalle esperienze virtuali; e se a un arricchimento in certe aree, non corrisponda uno svuotamento in altre. Per esempio, manca quasi del tutto una solitudine costruttiva, che non sia quella virtuale a cui ci riferiamo ormai con un’accezione negativa. Quali sono le occasioni in cui gli adolescenti restano da soli con loro stessi e i propri pensieri? Prima dell’avvento delle nuove tecnologie erano molti i momenti in cui restare con se stessi; capitava per esempio che alla fermata di un autobus, si stesse da soli con sé e che quello diventasse un momento di riflessione, di immaginazione o di frustrazione, e se di frustrazione, si accorreva alla propria mente e ai suoi strumenti per fronteggiarla. Ci si scopriva capaci di tollerare l’attesa, la noia, trovando in sé i mezzi: riflettendo, immaginando, socializzando, oppure semplicemente osservando. C’era un momento di attesa, prima della festa, prima dell’uscita, prima del primo bacio, in cui pensare e immaginare a come sarebbe andata. E c’era il momento successivo quando, chiusi in camera, si ripensava all’appena vissuto, magari affidando ad un diario quelle emozioni, e questo di certo aiutava ad elaborarle, ad assorbirle prima di passare oltre. Oppure c’era la telefonata all’amica del cuore, o all’amico per raccontarsi, nei limiti di quello che si sceglieva. Oggi le relazioni e la loro fruizione è sempre più veloce, un ragazzo o una ragazza può scriversi in contemporanea con 10 amici e 5 fidanzate/i. Immaginate noi genitori rispondere al telefono fisso in continuazione e smistare ai nostri figli una ventina di telefonate BREVI, dalle ore venti alle ventitré, ma anche le ventiquattro per i più grandi. Ci sembrerebbe una follia. Coinvolgerebbe anche noi e probabilmente non glielo permetteremmo. Ma neppure loro lo farebbero! Non si è mai visto! Ma è quello che accade oggi in forma diversa, è ciò che accade, senza coinvolgerci (ci lascia fuori, dalla loro stanza, dalle loro chat, dalla loro privacy, dalla loro testa) e rientra nella norma. E’ la velocità e la brevità delle informazioni che gli adolescenti scambiano a permettere loro di socializzare con tante persone nello stesso momento. Con l’attenzione ferma su cosa? Un po’ su tutto, un po’ su niente. O magari su un video che, mentre fanno tutto questo, stanno anche guardando. Quali sono i vantaggi di questa nuova forma di comunicazione? A chiederlo a loro neppure saprebbero cosa rispondere perché non conosco il vecchio modo di comunicare. Ci direbbero che è il loro mondo, che sono le loro relazioni, i loro amici e che se togliessimo loro gli smartphone toglieremmo loro tutto questo. E noi siamo in grado di dare una risposta? Credo di no. Di certo cominciamo a capire gli svantaggi di un uso pervasivo ed eccessivo. C’è il tentativo di limitare l’uso della tecnologia perché, che questa usata in modo pervasivo provochi danni, è un dato ormai accertato. Secondo l’ Osservatorio Nazionale Adolescenza, dopo il disordine e i compiti, la maggior parte dei litigi tra genitori e figli avvengono a causa di smartphone e PlayStation. Nella fascia dai 14 ai 19 anni, più di 4 adolescenti su 10 litigano e vengono rimproverati dai propri genitori a causa del tempo eccessivo che trascorrono attaccati allo smartphone e l'11% a causa di un eccessivo utilizzo dei videogiochi.
Da questi conflitti scaturiscono, solitamente, una serie di punizioni sempre più frequentemente di tipo digitale: ricatti e minacce legate al cellulare oppure al cambio della password del Wi-Fi, per impedire ai figli di connettersi o per disconnetterli da tutti i dispositivi collegati ad internet. Oggi, numerose ricerche hanno messo in relazione la diffusione dell’uso degli smartphone e i disturbi d’ansia e depressivi. Una ricerca mette in relazione l’aumento della depressione, dei tentativi di suicidio e dei suicidi nei giovani nati dopo il 1995 e la diffusione degli smartphone e più in particolare dei social network. Ovviamente questo non significa che il cellulare causi disturbi depressivi, le cui origini possono essere influenzate da moltissimi fattori sia genetici che ambientali, come la famiglia in cui si cresce, eventi particolarmente segnanti, ma anche le condizioni di vita materiali. Lo smartphone può comunque influire pesantemente su queste ultime variabili, contribuendo ad esempio all'isolamento sociale, al bullismo da parte dei coetanei e alla privazione del sonno. Lo stesso discorso può essere fatto per i disturbi d’ansia. In alcuni casi l’instaurarsi della dipendenza dalle nuove tecnologie, le ormai note “new addiction”, rappresenta un nuovo modo per esprimere il disagio; lo stesso che un tempo veniva espresso facendo ricorso alle sostanze psicotrope, al gioco d’azzardo etc. E' possibile che la personalità che si struttura con l’uso delle nuove tecnologie sia più vulnerabile e dunque predisposta maggiormente a sviluppare disagi. La regolazione emotiva, la socializzazione, gli interessi, lo sviluppo di abilità come quella della scrittura o quella di usare uno strumento musicale, sono tutte abilità che si strutturano durante la crescita e che diventano parte della personalità e risorse per interagire con l’esterno durante tutto l’arco della vita, sia durante l’adolescenza che nel corso dell’età adulta. Si tratta di abilità che entrano a far parte di quella complessa conquista della propria identità che è compito fondamentale dell’adolescente. Quando si avrà ancora il tempo, una volta entrati nel mondo del lavoro, di potersi dedicare anima e corpo ad imparare a suonare il piano o la chitarra? Quando si potrà imparare a tollerare la frustrazione della giornata lavorativa, del capo rompipalle, e tanto, tanto altro ancora, se non si sono già maturati degli strumenti psicologici ante tempo? Il poter accedere ad una rete sociale stabile è un’altra risorsa necessaria e protettiva per esempio nel corso di eventi di vita stressanti o traumatici. Tutte queste abilità corrono il rischio di non essere implementate nel modo migliore, e questo può contribuire alla costruzione di personalità più vulnerabili allo sviluppo di disturbi d’ansia o depressivi. Cosa fare? Cosa faremmo se ci accorgessimo che nostro/a figlio/a sta per sviluppare oppure ha sviluppato una dipendenza da sostanze psicotrope o dal gioco d’azzardo? Sicuramente entreremmo in qualche modo in azione. La maggior parte di noi di certo non starebbe a guardare o a normalizzare. Quando si parla delle tante ore trascorse dai figli utilizzando le nuove tecnologie ci sentiamo dire e ci diciamo che ormai lo fanno tutti. Assistiamo o mettiamo in atto un esplicito tentativo di normalizzazione: “passarci quattro, cinque ore al giorno rientra nella media!”. Ebbene il fatto che un comportamento poco salutare sia messo in atto da molti, tutti, non lo rende più salutare. Dobbiamo essere attenti ai sintomi dei nostri ragazzi e se notiamo sintomi importanti come chiusura sociale, atti autolesivi, depressione, non dobbiamo esitare dal consultare un addetto ai lavori. Ma prima ancora di arrivare a questo, occorre fare prevenzione. Per esempio ci sono programmi che noi genitori possiamo installare sugli smartphone dei nostri figli che limitano la connessione nell’arco di un tempo che può sembrarci ragionevole. Questo tempo nel caso degli adolescenti va contrattato con loro. Se c’è una vera dipendenza dobbiamo aspettarci che intervengano sintomi di astinenza, dall’umore disforico, agli agiti rabbiosi. In quel caso, visto che noi saremo diventati i loro peggiori nemici, potremo farci aiutare a ripristinare un dialogo sereno, e ad agire insieme a loro in modo cooperativo, dagli addetti ai lavori. Inoltre, contemporaneamente, dobbiamo fornire ai ragazzi alternative che possano interessarli. Questo vuol dire coinvolgerli nelle uscite, essere disponibili a favorire incontri con i loro coetanei, ad ospitare amici a casa nostra. E se dopo la casa sarà sporca o non perfettamente in ordine, pazienza! Impareremo a coinvolgerli anche nel mettere ordine e loro svilupperanno nuove abilità. Tutto ciò richiede un grande impegno da parte nostra, oltre che da parte loro, ma è necessario. Sicuramente quando l’ impegno inizierà a dare i suoi frutti ne risulterà un miglioramento, non solo delle condizioni di vita dei ragazzi ma di quelle dell’intero sistema familiare.
1 Comment
Rita
6/10/2019 15:49:57
Impirtantissimo articolo, molto chiaro e di grande riflessione, grazie Dottoressa
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AutoreDott.ssa Assunta Giuliano Archivi
Marzo 2022
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