Depressione
La depressione è stata definita “il male del secolo”, se ne sente parlare sempre più spesso ma non tutti sanno davvero cosa sia. La depressione è una malattia del tono dell’umore, cioè di quella funzione psichica che accompagna l’adattamento al nostro mondo interno, psicologico e a quello esterno: il tono è alto quando siamo in condizioni piacevoli, va verso il basso quando viviamo situazioni sgradevoli.
La depressione è un disturbo dell’umore che colpisce oltre 350 milioni di persone nel mondo senza distinzione di sesso, età, stato sociale.
Chi soffre di depressione sperimenta angoscia persistente, perdita di interesse nelle attività che normalmente danno piacere e difficoltà nello svolgimento anche delle più semplici azioni quotidiane, per almeno due settimane, a volte con conseguenze negative sulle relazioni interpersonali. Tuttavia, la depressione può essere prevenuta e curata: un’adeguata conoscenza del disturbo depressivo può contribuire a ridurre lo stigma associato e motivare le persone a chiedere aiuto.
Le persone che soffrono di depressione si percepiscono come inadeguate e senza valore, considerano l’ambiente circostante come “ostile” e non supportivo e il futuro appare incerto e pieno di difficoltà. Nello specifico, sperimentano alcuni dei seguenti sintomi: perdita di energia, cambiamento dell’appetito, insonnia o ipersonnia, ansia, ridotta concentrazione, indecisione, irrequietezza, senso di inutilità, senso di colpa o di disperazione, pensieri di autolesionismo o suicidio.
Le idee di morte sono intrinseche alla patologia depressiva, caratterizzata da temi di colpa, indegnità, rovina e sono sostenute dalla convinzione che non vi sia altra via d’uscita dalla condizione di sofferenza e che, quindi, l’unico modo per alleviare il dolore emotivo e non rappresentare più un peso per gli altri sia quello di suicidarsi.
Depressione fattori genetici, biologici e psicosociali
Pensare che la depressione dipenda da un’unica causa non è propriamente corretto; si tratta di un disturbo multifattoriale dove aspetti genetici, biologici e psicosociali interagiscono tra loro.
Fattori genetici della depressione
Esistono numerose evidenze empiriche che provano l’importante componente ereditaria nella depressione. Gli studi dimostrano un maggior rischio (5% – 25%) dello sviluppo di un disturbo analogo nei familiari di primo grado dei pazienti con depressione maggiore. Questo non significa che è inevitabile soffrire di depressione, ma che si può essere vulnerabili al disturbo. Il fattore genetico non spiega per intero il verificarsi del disturbo.
Fattori biologici della depressione
La depressione deriva da un’alterazione nella funzione dei sistemi monoaminergici (noradrenalina, serotonina, dopamina), che concorrono alla comparsa di disturbi somatici, cognitivi, emotivi, relazionali; sia la serotonina che la noradrenalina svolgono la loro azione all'interno di nuclei cerebrali deputati al controllo di tutta una serie di funzioni che si mostrano alterate nella depressione (modulazione dell’umore, regolazione dell’affettività, controllo di alcune funzioni cognitive, regolazione del sonno e dell’appetito, motivazione).
Fattori psicosociali della depressione
Gli eventi stressanti favorenti lo sviluppo della depressione vengono vissuti dal soggetto come perdite irreversibili, irreparabili e totali.
Alcuni di questi possono essere:
La depressione non trattata può impedire alle persone di lavorare e di prendere parte alla vita familiare e sociale, fino a giungere ad una vera e propria disabilità sociale e lavorativa e quindi ad un gravoso impatto sulla qualità della vita della persona e di coloro che gli sono accanto. L’American Heart Association (2014) ha evidenziato che la depressione è associata ad un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. La depressione, se non trattata, peggiora gli esiti dell’insufficienza cardiaca e si associa ad una maggiore mortalità.
Sintomi della depressione
È corretto parlare di depressione solo quando il tono dell’umore perde il suo naturale carattere di flessibilità, cioè quando è sempre basso e non viene influenzato più dai fattori esterni favorevoli, provocando disagio e interferendo con le normali attività, la vita e la libertà di agire di una persona.
Caratteristica della depressione è la tendenza a valutare ogni situazione in maniera negativa e pessimistica, ecco perché essa rappresenta una patologia di schemi cognitivi, di pensiero e sensazioni che ci fanno sentire “giù di morale”; si verifica nel momento in cui si ha la sensazione che tutti i sentimenti positivi circa il futuro siano spariti e ci si sente incapace di apprezzare gli aspetti piacevoli della vita. La perdita della capacità di provare piacere, gioia, affetto e stupore prende il nome di anedonia: tale fattore rappresenta il carattere principale della depressione.
Spesso si ritiene che la depressione sia un semplice abbassamento dell’umore, invece bisogna tener presente che a caratterizzare la depressione sia un insieme di sintomi che compromettono il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno.
Sentirsi depressi significa vedere il mondo come se si indossassero degli occhiali con lenti scure: tutto diventa grigio, opaco e difficile da affrontare, anche compiere le normali attività quotidiane come alzarsi dal letto, lavarsi, telefonare ad un amico, fare la spesa.
La depressione presenta diversi sintomi come, ad esempio, mancanza di appetito, insonnia, mancanza di concentrazione, irritabilità, tristezza, isolamento sociale, ecc, che vanno ad influire pesantemente sulla qualità di vita della persona che ne soffre, fino al punto di arrivare a credere che morire sia l’unica via d’uscita. Ovviamente non è così: cercare aiuto è fondamentale perché guarire dalla depressione è possibile.
Più specificamente, la depressione si manifesta attraverso numerosi sintomi, che possono essere sintetizzati in quattro grandi aree: sintomi somatici, sintomi emotivi, sintomi comportamentali, sintomi cognitivi:
I sintomi somatici della depressione più comuni sono:
Meccanismi di mantenimento della depressione – quali sono i meccanismi di mantenimento della depressione?
I fattori di mantenimento della depressione sono quei meccanismi che possono stabilizzare e cronicizzare quello che a volte poteva essere un episodio depressivo isolato.
Le persone che sono state depresse reagiscono alla tristezza o a un cambiamento dell’umore in modo diverso rispetto a chi non lo è mai stato e questo dipende da una caratteristica distintiva del nostro sistema di memoria. I contesti, infatti, attivano i ricordi: se ad esempio ci troviamo ad ascoltare una canzone, questa può far riemergere un possibile ricordo del passato a cui magari non pensavamo da anni, un luogo, una persona, un’occasione particolare. Inoltre, è noto che quando apprendiamo qualcosa di nuovo le probabilità di rievocarlo sono maggiori se lo richiamiamo nello stesso ambiente in cui lo abbiamo imparato. Applicando questo stesso principio al contesto dei nostri pensieri e all’umore, quando ci sentiamo tristi, scoraggiati o depressi, probabilmente avremo anche dei pensieri negativi di autocritica legati a quel particolare stato d’animo. Quindi ogni volta che proveremo nuovamente un’emozione negativa per qualsiasi motivo, la nostra mente tenderà a richiamare quei pensieri negativi.
Alla luce di questo, ogni volta che avremo un altro periodo di depressione, la connessione tra umore depresso e pensieri negativi si consoliderà, innalzando quindi le probabilità che il ciclo torni a ripetersi (Siegel, 2012).
Ecco di seguito i principali meccanismi che mantengono il disturbo:
Gli schemi depressogeni: il concetto di schema mette in evidenza come mai un paziente depresso continua a soffrire e a sentirsi sconfitto nonostante i fatti dimostrino la presenza di aspetti ed eventi positivi nella sua vita. Gli schemi spiegano il mantenimento di atteggiamenti negativi duraturi verso se stesso, il mondo e il futuro che gli individui possono aver costruito sin dall’infanzia. La persona depressa tenderà a interpretare gli eventi attuali come una conferma degli schemi depressogeni preesistenti, selezionando e distorcendo tutte le altre informazioni disponibili.
La Ruminazione: il costante lavorio che il paziente fa sui suoi pensieri depressivi, lo porterà ad aumentare e mantenere la depressione perché lo farà stare focalizzato sui pensieri negativi, responsabili dell’abbassamento del tono dell’umore. Questo processo prende il nome di ruminazione: è una forma ripetitiva di attenzione rivolta a sé, al fatto che si è depressi, ai propri sintomi e alle loro cause, significati e conseguenze, caratterizzata da ricorrenza e persistenza (Nolen-Hoeksema, 1999); rappresenta una modalità errata, basata sulle emozioni e centrata sulla persona, per fronteggiare la situazione problematica che si vive, ossia combattere l’umore depresso. Ruminare sui pensieri, sulle perdite, gli insuccessi, sul modo di essere, ripercorrendo continuamente gli stessi pensieri dà solo l’illusione che prima o poi ci si sentirà meglio, invece l’unica cosa a cui porta la ruminazione è far rimanere la persona focalizzata solo sugli aspetti negativi e catastrofici di essi, incrementando la sofferenza e quindi l’umore depresso.
Valutazione sui propri sintomi depressivi: spesso, la persona che soffre di depressione tende a criticarsi e svalutarsi proprio per il fatto di essere depressa, malata, difettata. A volte, per evitare questa forma di critica personale, l’individuo cerca di mettere in atto dei tentativi di soluzione e prende provvedimenti, che però si rivelano inutili e possono aggravare ulteriormente il problema stesso. Ad esempio, se la persona depressa si sente stanca e senza energie ridurrà la sua attività giornaliera, senza sapere che la passività e l’inattività hanno, invece, l’effetto di aumentare il senso di stanchezza, per cui si sentirà ancora più senza energie e si convincerà maggiormente di non riuscire a fare nulla; di conseguenza, aumenterà il suo senso di inadeguatezza, la sua convinzione di essere malata, senza via d’uscita. Ciò porta la persona ad isolarsi, tenendo a distanza anche i familiari più stretti, che potrebbero reagire, a loro volta, con risposte di rifiuto e critica; questa risposta esterna verrà interpretata come una conferma delle proprie convinzioni negative, con un conseguente aumento di autocritica e isolamento.
Guarire dalla depressione – Come si cura la depressione? Come si può guarire dalla depressione?
In uno studio del 2018 condotto da Ijaz et al. è stato messo in evidenza come la psicoterapia, aggiunta alla terapia farmacologica tradizionale (con antidepressivi) sia benefica per i sintomi depressivi e per i tassi di risposta e remissione a breve termine per i pazienti con TRD (depressione resistente al trattamento). Gli effetti a medio e lungo termine sembrano ugualmente vantaggiosi.
La Terapia Cognitivo – Comportamentale della depressione si basa sull’uso combinato di tecniche comportamentali e cognitive. Considerando le difficoltà di attenzione, concentrazione, memoria del soggetto depresso, non è consigliabile intervenire subito sui pensieri e sulle emozioni e di conseguenza si utilizzano per prima cosa le tecniche comportamentali; non appena il paziente comincia a impegnarsi in qualche attività costruttiva finalizzata e si riscontra, quindi, un miglioramento dell’umore e una modificazione delle convinzioni negative sulle proprie capacità e possibilità di cambiamento, è possibile cominciare a lavorare in modo più diretto sulle componenti cognitive attraverso specifiche tecniche.
Guarire dalla depressione con le tecniche comportamentali
Le Tecniche Comportamentali vengono utilizzate soprattutto nella prima fase del trattamento e hanno lo scopo di promuovere l'attivazione comportamentale- I sintomi depressivi modificano notevolmente la vita, le attività quotidiane e il comportamento delle persone. Molti di questi cambiamenti determinano un peggioramento del problema.
Ad esempio, la mancanza di motivazione o di energia porta la persona depressa a ridurre le attività, a trascurare i compiti e le responsabilità quotidiane lasciando che siano gli altri spesso a prendere le decisioni.
Come abbiamo già detto, quando si riducono le attività si tende a diventare sempre meno motivati, più stanchi e con meno energie, innescando un circolo vizioso che determina così un ulteriore peggioramento del tono dell’umore.
Decidere di non fare più le cose che solitamente si ama fare, preclude necessariamente la possibilità di sperimentare emozioni ed eventi positivi.
Le responsabilità quotidiane e i compiti di lavoro si accumulano perché non si ha la forza per svolgerli, e il solo pensare a questa crescente lista di attività mancate può provocare sensi di colpa o confermare la propria idea di essere inadeguato, incapace o fallito, peggiorando ulteriormente lo stato depressivo.
Un modo per interrompere questo circolo vizioso è proprio quello di aumentare il livello attuale di attività, specialmente di quelle piacevoli. Questo dà la possibilità, infatti, di pensare ad altro, di non ruminare e di guardare avanti riconquistando, così, piano piano il controllo della propria vita e riassaporando di nuovo il piacere di provare emozioni positive.
Non bisogna cominciare proponendosi di fare troppe attività tutte insieme, perché quando si è depressi anche le singole azioni che prima non richiedevano alcuno sforzo diventano un enorme ostacolo da superare e sembrano necessitare di tantissima energia.
Dal momento che pensieri del tipo “è troppo difficile”, “non ce la farò mai”, “non ne ho la forza” o “non mi divertirò facendolo” potrebbero bloccare, un obiettivo iniziale potrebbe essere quello di svolgere un compito che richieda poco tempo.
Ognuno sceglierà un compito, anche piccolo, da cui cominciare.
Guarire dalla depressione con le tecniche cognitive
Le Tecniche Cognitive permettono a chi soffre di depressione di acquisire consapevolezza dei propri pensieri e credenze per imparare a modificarli, gestendo così la propria sofferenza.
Il caposaldo della Terapia Cognitivo – Comportamentale dei disturbi emotivi, e dunque anche della depressione, è: “Il modo in cui pensi influisce sul modo in cui senti”.
Le persone, soprattutto durante episodi di depressione intensa, non riescono a comprendere che i loro pensieri influenzano i loro stati d’animo e che giocano un’importante funzione di mediazione tra la situazione e l’emozione con la conseguente reazione fisiologica e tra la situazione e il comportamento.
Vediamo con un esempio pratico come i pensieri influenzano lo stato d’animo.
Immagina di essere invitato a un appuntamento al buio.
Incontri questa persona in un locale pieno di gente e inizi a parlare, ma lui/lei dopo essersi presentato/a si limita a rispondere alle tue domande senza guardarti negli occhi e guardando altrove.
Immagina le emozioni che potresti provare se ti passassero per la mente questi tre diversi pensieri:
Non è dunque l’evento in sé a determinare quello che provi, ma il modo in cui interpreti, attraverso i tuoi pensieri, la situazione.
Nella Terapia Cognitivo – Comportamentale esistono due flussi di pensiero, uno di cui siamo più consapevoli chiamati pensieri volontari, e altri così veloci e immediati che sono definiti “automatici”. Spesso, proprio perché così veloci, non abbiamo la consapevolezza della presenza dei pensieri automatici, ma la abbiamo più delle emozioni che ne conseguono e delle relative sensazioni fisiche che le accompagnano.
Il modello ABC – tecnica per identificare e monitorare i pensieri automatici.
Imparare a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali automatici può influire positivamente sul tono dell’umore. Dei tipici pensieri automatici negativi che passano per la mente delle persone depresse sono: “Sono un fallito! Non sarò mai in grado di fare nulla! Sono uno stupido”, “Mi considerano tutti un cretino e un perdente, e sicuramente mi lasceranno solo!”.
L’analisi ABC è una tecnica per identificare e monitorare i pensieri automatici.
A Evento attivante
Per prima cosa si deve individuare A che rappresenta un evento o una situazione in cui hai provato una forte emozione negativa come la depressione.
Nel punto A si descrive la situazione nello stesso modo in cui la registrerebbe una telecamera, cioè raccontando solo i fatti, senza riportare opinioni e/o sensazioni.
A = Ieri stavo passeggiando per strada e c’era molta gente intorno a me. A un certo punto noto un mio amico che sta camminando proprio nella mia direzione, ma quando arriva vicino a me non mi saluta e passa oltre.
C Conseguenze emotive e comportamentali
Il prossimo passo è identificare C, che include le emozioni e i comportamenti che hanno seguito l’evento A. Per prima cosa, dunque, dopo aver identificato A bisogna individuare le emozioni provate in quella situazione e assegnare un punteggio d’intensità in una scala che va da 0 a 100 (più alto è il numero più intensa è l’emozione). Si possono anche scrivere i comportamenti che hai adottato in quella situazione, come per esempio tornare subito a casa.
C = tristezza 40%, delusione 80%, turbamento 60%. Me ne torno subito a casa
B I tuoi pensieri
A questo punto si identificano i B, i pensieri, ovvero quello che ti passa per la testa in quel momento.
B = – Mi ha visto e non mi ha neppure salutato! – Sicuramente non voleva parlarmi e ha fatto finta di non vedermi – Avrà pensato di non voler perdere tempo con una persona noiosa come me!
Dopo aver individuato A e C, dunque, per facilitare l’identificazione dei pensieri (B) possiamo chiederci: “Cosa stavo pensando quando si è verificato l’evento?”, “Cosa mi stava passando per la mente?”.
Con l’aiuto del terapeuta, il paziente apprende a discutere i pensieri che fanno sì che si sperimenti un’emozione negativa e a formulare spiegazioni alternative e più funzionali (costruendone una lista più lunga possibile). Tale discussione cognitiva ha la funzione di aiutare il paziente a prendere le distanze dai propri pensieri e ad iniziare a considerarli come eventi psicologici e non come dati di realtà.
Prevenire la ricaduta della depressione – Come si può prevenire la ricaduta della depressione?
La depressione è spesso una condizione cronica che presenta delle ricadute che, anche se lievi, interferiscono con le normali attività quotidiane e impediscono alla persona di apprezzare la vita e goderla pienamente.
Perché la depressione ricompare? Quando le persone, per qualsiasi motivo, cominciano a pensare in modo più negativo, ricompare la depressione, perché è il pensiero che crea l’emozione. Durante il primo episodio depressivo, però, questa negatività non emerge subito alla formulazione dei primi pensieri, ma richiede un po’ di tempo. Dopo ripetuti episodi depressivi, si formano invece forti associazioni e questo fa sì che anche un piccolo stimolo scatenante, come un normale calo dell’umore, possa essere interpretato negativamente e diventare, quindi, un punto iniziale critico per la ricomparsa della depressione.
Da questo punto critico si innesca una spirale del pensiero ruminativo negativo che può condurre progressivamente a un senso di disperazione. Il sentirsi senza speranza porta poi al ritiro sociale e all’evitamento di un numero sempre maggiore di situazioni. Una volta che i vecchi pensieri sono attivati, spesso in maniera inconsapevole, risulta difficile svincolarsi dal circolo vizioso che innesca un nuovo episodio depressivo, perché è spesso frutto di una reazione istintuale, proprio come lo è il divincolarsi dalle sabbie mobili (Segal, Williams & Teasdale, 2013).
È di enorme importanza ricordare che, anche quando le persone si sentono bene, il collegamento tra l’umore negativo e i pensieri negativi resta pronto per essere riattivato. Questo implica, pertanto, che per modificare il proprio atteggiamento rispetto alla depressione è necessario apprendere le strategie per impedire che, attraverso la ruminazione, si finisca nuovamente in una spirale fuori controllo, anche a partire da un lieve calo del tono dell’umore.
Prevenire la ricaduta della depressione con la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT)Gli studi fatti da Zindel Segal (Toronto), Mark Williams (Galles) e John Teasdale (Cambridge) hanno dato vita al programma Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT). Questo protocollo, che è una rielaborazione del lavoro di Jon Kabat-Zinn sul programma di riduzione dello stress (MBSR) già sperimentato su più di 24000 pazienti negli ultimi 20 anni all’University of Massacchusetts, ha indagato come la meditazione possa aiutare le persone a stare meglio dopo essere state trattate con successo per depressione. Il lavoro di Segal, Williams e Teasdale si è basato sull’osservazione che, una volta che un paziente si è ripreso da un episodio depressivo, una quantità relativamente piccola di umore negativo, che può presentarsi, come abbiamo detto, per qualsiasi motivo, può scatenare nuovamente una grande quantità di pensieri negativi classici della depressione.
“Sono un fallimento”, “sono debole”, “sono senza valore”, “sono senza speranza” portano con sé sensazioni fisiche di debolezza, stanchezza o dolore inspiegabile. Sia i pensieri negativi che la stanchezza spesso sembrano, agli occhi degli altri, sproporzionati rispetto alla situazione.
I pazienti che credono di essere guariti possono sentirsi di nuovo al punto di partenza.
Si trovano in un loop ruminativo che li porta continuamente a chiedersi “cosa è andato male?”, “perché sta succedendo a me?”, “dove mi porterà tutto questo?”. Tale ruminazione induce le persone a cercare quasi ossessivamente una risposta, ma in realtà causa solo un prolungamento e un peggioramento della depressione. Il protocollo MBCT è designato ad aiutare coloro che soffrono di periodi di depressione e infelicità cronica attraverso uno strumento che permetta di affrontare tutto questo quando si ripresenta. L’evidenza di efficacia dell’MBCT è così robusta che il National Institute for Clinical and Health Excellence (NICE) anglosassone la consiglia a tutti coloro che hanno avuto due o più episodi depressivi.
In particolare:
La depressione è stata definita “il male del secolo”, se ne sente parlare sempre più spesso ma non tutti sanno davvero cosa sia. La depressione è una malattia del tono dell’umore, cioè di quella funzione psichica che accompagna l’adattamento al nostro mondo interno, psicologico e a quello esterno: il tono è alto quando siamo in condizioni piacevoli, va verso il basso quando viviamo situazioni sgradevoli.
La depressione è un disturbo dell’umore che colpisce oltre 350 milioni di persone nel mondo senza distinzione di sesso, età, stato sociale.
Chi soffre di depressione sperimenta angoscia persistente, perdita di interesse nelle attività che normalmente danno piacere e difficoltà nello svolgimento anche delle più semplici azioni quotidiane, per almeno due settimane, a volte con conseguenze negative sulle relazioni interpersonali. Tuttavia, la depressione può essere prevenuta e curata: un’adeguata conoscenza del disturbo depressivo può contribuire a ridurre lo stigma associato e motivare le persone a chiedere aiuto.
Le persone che soffrono di depressione si percepiscono come inadeguate e senza valore, considerano l’ambiente circostante come “ostile” e non supportivo e il futuro appare incerto e pieno di difficoltà. Nello specifico, sperimentano alcuni dei seguenti sintomi: perdita di energia, cambiamento dell’appetito, insonnia o ipersonnia, ansia, ridotta concentrazione, indecisione, irrequietezza, senso di inutilità, senso di colpa o di disperazione, pensieri di autolesionismo o suicidio.
Le idee di morte sono intrinseche alla patologia depressiva, caratterizzata da temi di colpa, indegnità, rovina e sono sostenute dalla convinzione che non vi sia altra via d’uscita dalla condizione di sofferenza e che, quindi, l’unico modo per alleviare il dolore emotivo e non rappresentare più un peso per gli altri sia quello di suicidarsi.
Depressione fattori genetici, biologici e psicosociali
Pensare che la depressione dipenda da un’unica causa non è propriamente corretto; si tratta di un disturbo multifattoriale dove aspetti genetici, biologici e psicosociali interagiscono tra loro.
Fattori genetici della depressione
Esistono numerose evidenze empiriche che provano l’importante componente ereditaria nella depressione. Gli studi dimostrano un maggior rischio (5% – 25%) dello sviluppo di un disturbo analogo nei familiari di primo grado dei pazienti con depressione maggiore. Questo non significa che è inevitabile soffrire di depressione, ma che si può essere vulnerabili al disturbo. Il fattore genetico non spiega per intero il verificarsi del disturbo.
Fattori biologici della depressione
La depressione deriva da un’alterazione nella funzione dei sistemi monoaminergici (noradrenalina, serotonina, dopamina), che concorrono alla comparsa di disturbi somatici, cognitivi, emotivi, relazionali; sia la serotonina che la noradrenalina svolgono la loro azione all'interno di nuclei cerebrali deputati al controllo di tutta una serie di funzioni che si mostrano alterate nella depressione (modulazione dell’umore, regolazione dell’affettività, controllo di alcune funzioni cognitive, regolazione del sonno e dell’appetito, motivazione).
Fattori psicosociali della depressione
Gli eventi stressanti favorenti lo sviluppo della depressione vengono vissuti dal soggetto come perdite irreversibili, irreparabili e totali.
Alcuni di questi possono essere:
- Malattie fisiche
- Separazioni coniugali
- Difficoltà nei rapporti familiari
- Gravi conflitti e/o incomprensioni con altre persone
- Cambiamenti importanti di ruolo, di casa, di lavoro,
- Licenziamenti
- Fallimenti lavorativi o economici
- Essere vittime di un reato o di un abuso anche in età infantile
- Perdita di una persona cara
- Rottura di matrimonio o fidanzamento
- Problemi con la giustizia
- Bocciature a scuola
La depressione non trattata può impedire alle persone di lavorare e di prendere parte alla vita familiare e sociale, fino a giungere ad una vera e propria disabilità sociale e lavorativa e quindi ad un gravoso impatto sulla qualità della vita della persona e di coloro che gli sono accanto. L’American Heart Association (2014) ha evidenziato che la depressione è associata ad un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. La depressione, se non trattata, peggiora gli esiti dell’insufficienza cardiaca e si associa ad una maggiore mortalità.
Sintomi della depressione
È corretto parlare di depressione solo quando il tono dell’umore perde il suo naturale carattere di flessibilità, cioè quando è sempre basso e non viene influenzato più dai fattori esterni favorevoli, provocando disagio e interferendo con le normali attività, la vita e la libertà di agire di una persona.
Caratteristica della depressione è la tendenza a valutare ogni situazione in maniera negativa e pessimistica, ecco perché essa rappresenta una patologia di schemi cognitivi, di pensiero e sensazioni che ci fanno sentire “giù di morale”; si verifica nel momento in cui si ha la sensazione che tutti i sentimenti positivi circa il futuro siano spariti e ci si sente incapace di apprezzare gli aspetti piacevoli della vita. La perdita della capacità di provare piacere, gioia, affetto e stupore prende il nome di anedonia: tale fattore rappresenta il carattere principale della depressione.
Spesso si ritiene che la depressione sia un semplice abbassamento dell’umore, invece bisogna tener presente che a caratterizzare la depressione sia un insieme di sintomi che compromettono il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno.
Sentirsi depressi significa vedere il mondo come se si indossassero degli occhiali con lenti scure: tutto diventa grigio, opaco e difficile da affrontare, anche compiere le normali attività quotidiane come alzarsi dal letto, lavarsi, telefonare ad un amico, fare la spesa.
La depressione presenta diversi sintomi come, ad esempio, mancanza di appetito, insonnia, mancanza di concentrazione, irritabilità, tristezza, isolamento sociale, ecc, che vanno ad influire pesantemente sulla qualità di vita della persona che ne soffre, fino al punto di arrivare a credere che morire sia l’unica via d’uscita. Ovviamente non è così: cercare aiuto è fondamentale perché guarire dalla depressione è possibile.
Più specificamente, la depressione si manifesta attraverso numerosi sintomi, che possono essere sintetizzati in quattro grandi aree: sintomi somatici, sintomi emotivi, sintomi comportamentali, sintomi cognitivi:
I sintomi somatici della depressione più comuni sono:
- perdita di energie,
- senso di fatica,
- disturbi della concentrazione e della memoria,
- agitazione motoria e nervosismo,
- perdita o aumento di peso,
- disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia),
- mancanza di desiderio sessuale,
- dolori fisici,
- senso di nausea.
- tristezza,
- angoscia,
- disperazione,
- senso di colpa,
- vuoto,
- mancanza di speranza nel futuro,
- perdita di interesse per qualsiasi attività,
- irritabilità e ansia.
- riduzione delle attività quotidiane,
- evitamento delle persone e isolamento sociale,
- comportamenti passivi,
- riduzione dell’attività sessuale
- tentativi di suicidio.
- rallentamento ideativo,
- incapacità decisionale,
- disturbi della concentrazione e della memoria,
- ruminazione depressiva,
- pensieri negativi su di sé, sul mondo e sul futuro,
- idee di colpa, indegnità, rovina,
- autosvalutazione,
- autocommiserazione,
- percezione del tempo rallentato,
- percezione dell’attuale stato mentale come di una condizione senza fine.
Meccanismi di mantenimento della depressione – quali sono i meccanismi di mantenimento della depressione?
I fattori di mantenimento della depressione sono quei meccanismi che possono stabilizzare e cronicizzare quello che a volte poteva essere un episodio depressivo isolato.
Le persone che sono state depresse reagiscono alla tristezza o a un cambiamento dell’umore in modo diverso rispetto a chi non lo è mai stato e questo dipende da una caratteristica distintiva del nostro sistema di memoria. I contesti, infatti, attivano i ricordi: se ad esempio ci troviamo ad ascoltare una canzone, questa può far riemergere un possibile ricordo del passato a cui magari non pensavamo da anni, un luogo, una persona, un’occasione particolare. Inoltre, è noto che quando apprendiamo qualcosa di nuovo le probabilità di rievocarlo sono maggiori se lo richiamiamo nello stesso ambiente in cui lo abbiamo imparato. Applicando questo stesso principio al contesto dei nostri pensieri e all’umore, quando ci sentiamo tristi, scoraggiati o depressi, probabilmente avremo anche dei pensieri negativi di autocritica legati a quel particolare stato d’animo. Quindi ogni volta che proveremo nuovamente un’emozione negativa per qualsiasi motivo, la nostra mente tenderà a richiamare quei pensieri negativi.
Alla luce di questo, ogni volta che avremo un altro periodo di depressione, la connessione tra umore depresso e pensieri negativi si consoliderà, innalzando quindi le probabilità che il ciclo torni a ripetersi (Siegel, 2012).
Ecco di seguito i principali meccanismi che mantengono il disturbo:
Gli schemi depressogeni: il concetto di schema mette in evidenza come mai un paziente depresso continua a soffrire e a sentirsi sconfitto nonostante i fatti dimostrino la presenza di aspetti ed eventi positivi nella sua vita. Gli schemi spiegano il mantenimento di atteggiamenti negativi duraturi verso se stesso, il mondo e il futuro che gli individui possono aver costruito sin dall’infanzia. La persona depressa tenderà a interpretare gli eventi attuali come una conferma degli schemi depressogeni preesistenti, selezionando e distorcendo tutte le altre informazioni disponibili.
La Ruminazione: il costante lavorio che il paziente fa sui suoi pensieri depressivi, lo porterà ad aumentare e mantenere la depressione perché lo farà stare focalizzato sui pensieri negativi, responsabili dell’abbassamento del tono dell’umore. Questo processo prende il nome di ruminazione: è una forma ripetitiva di attenzione rivolta a sé, al fatto che si è depressi, ai propri sintomi e alle loro cause, significati e conseguenze, caratterizzata da ricorrenza e persistenza (Nolen-Hoeksema, 1999); rappresenta una modalità errata, basata sulle emozioni e centrata sulla persona, per fronteggiare la situazione problematica che si vive, ossia combattere l’umore depresso. Ruminare sui pensieri, sulle perdite, gli insuccessi, sul modo di essere, ripercorrendo continuamente gli stessi pensieri dà solo l’illusione che prima o poi ci si sentirà meglio, invece l’unica cosa a cui porta la ruminazione è far rimanere la persona focalizzata solo sugli aspetti negativi e catastrofici di essi, incrementando la sofferenza e quindi l’umore depresso.
Valutazione sui propri sintomi depressivi: spesso, la persona che soffre di depressione tende a criticarsi e svalutarsi proprio per il fatto di essere depressa, malata, difettata. A volte, per evitare questa forma di critica personale, l’individuo cerca di mettere in atto dei tentativi di soluzione e prende provvedimenti, che però si rivelano inutili e possono aggravare ulteriormente il problema stesso. Ad esempio, se la persona depressa si sente stanca e senza energie ridurrà la sua attività giornaliera, senza sapere che la passività e l’inattività hanno, invece, l’effetto di aumentare il senso di stanchezza, per cui si sentirà ancora più senza energie e si convincerà maggiormente di non riuscire a fare nulla; di conseguenza, aumenterà il suo senso di inadeguatezza, la sua convinzione di essere malata, senza via d’uscita. Ciò porta la persona ad isolarsi, tenendo a distanza anche i familiari più stretti, che potrebbero reagire, a loro volta, con risposte di rifiuto e critica; questa risposta esterna verrà interpretata come una conferma delle proprie convinzioni negative, con un conseguente aumento di autocritica e isolamento.
Guarire dalla depressione – Come si cura la depressione? Come si può guarire dalla depressione?
In uno studio del 2018 condotto da Ijaz et al. è stato messo in evidenza come la psicoterapia, aggiunta alla terapia farmacologica tradizionale (con antidepressivi) sia benefica per i sintomi depressivi e per i tassi di risposta e remissione a breve termine per i pazienti con TRD (depressione resistente al trattamento). Gli effetti a medio e lungo termine sembrano ugualmente vantaggiosi.
La Terapia Cognitivo – Comportamentale della depressione si basa sull’uso combinato di tecniche comportamentali e cognitive. Considerando le difficoltà di attenzione, concentrazione, memoria del soggetto depresso, non è consigliabile intervenire subito sui pensieri e sulle emozioni e di conseguenza si utilizzano per prima cosa le tecniche comportamentali; non appena il paziente comincia a impegnarsi in qualche attività costruttiva finalizzata e si riscontra, quindi, un miglioramento dell’umore e una modificazione delle convinzioni negative sulle proprie capacità e possibilità di cambiamento, è possibile cominciare a lavorare in modo più diretto sulle componenti cognitive attraverso specifiche tecniche.
Guarire dalla depressione con le tecniche comportamentali
Le Tecniche Comportamentali vengono utilizzate soprattutto nella prima fase del trattamento e hanno lo scopo di promuovere l'attivazione comportamentale- I sintomi depressivi modificano notevolmente la vita, le attività quotidiane e il comportamento delle persone. Molti di questi cambiamenti determinano un peggioramento del problema.
Ad esempio, la mancanza di motivazione o di energia porta la persona depressa a ridurre le attività, a trascurare i compiti e le responsabilità quotidiane lasciando che siano gli altri spesso a prendere le decisioni.
Come abbiamo già detto, quando si riducono le attività si tende a diventare sempre meno motivati, più stanchi e con meno energie, innescando un circolo vizioso che determina così un ulteriore peggioramento del tono dell’umore.
Decidere di non fare più le cose che solitamente si ama fare, preclude necessariamente la possibilità di sperimentare emozioni ed eventi positivi.
Le responsabilità quotidiane e i compiti di lavoro si accumulano perché non si ha la forza per svolgerli, e il solo pensare a questa crescente lista di attività mancate può provocare sensi di colpa o confermare la propria idea di essere inadeguato, incapace o fallito, peggiorando ulteriormente lo stato depressivo.
Un modo per interrompere questo circolo vizioso è proprio quello di aumentare il livello attuale di attività, specialmente di quelle piacevoli. Questo dà la possibilità, infatti, di pensare ad altro, di non ruminare e di guardare avanti riconquistando, così, piano piano il controllo della propria vita e riassaporando di nuovo il piacere di provare emozioni positive.
Non bisogna cominciare proponendosi di fare troppe attività tutte insieme, perché quando si è depressi anche le singole azioni che prima non richiedevano alcuno sforzo diventano un enorme ostacolo da superare e sembrano necessitare di tantissima energia.
Dal momento che pensieri del tipo “è troppo difficile”, “non ce la farò mai”, “non ne ho la forza” o “non mi divertirò facendolo” potrebbero bloccare, un obiettivo iniziale potrebbe essere quello di svolgere un compito che richieda poco tempo.
Ognuno sceglierà un compito, anche piccolo, da cui cominciare.
Guarire dalla depressione con le tecniche cognitive
Le Tecniche Cognitive permettono a chi soffre di depressione di acquisire consapevolezza dei propri pensieri e credenze per imparare a modificarli, gestendo così la propria sofferenza.
Il caposaldo della Terapia Cognitivo – Comportamentale dei disturbi emotivi, e dunque anche della depressione, è: “Il modo in cui pensi influisce sul modo in cui senti”.
Le persone, soprattutto durante episodi di depressione intensa, non riescono a comprendere che i loro pensieri influenzano i loro stati d’animo e che giocano un’importante funzione di mediazione tra la situazione e l’emozione con la conseguente reazione fisiologica e tra la situazione e il comportamento.
Vediamo con un esempio pratico come i pensieri influenzano lo stato d’animo.
Immagina di essere invitato a un appuntamento al buio.
Incontri questa persona in un locale pieno di gente e inizi a parlare, ma lui/lei dopo essersi presentato/a si limita a rispondere alle tue domande senza guardarti negli occhi e guardando altrove.
Immagina le emozioni che potresti provare se ti passassero per la mente questi tre diversi pensieri:
- Che persona maleducata! Nemmeno mi guarda mentre gli/le parlo! Ma perché mi ha invitato/a!
- Forse sta pensando che non sono interessante e che sono noioso/a.
- Magari è timido/a e non mi guarda negli occhi.
Non è dunque l’evento in sé a determinare quello che provi, ma il modo in cui interpreti, attraverso i tuoi pensieri, la situazione.
Nella Terapia Cognitivo – Comportamentale esistono due flussi di pensiero, uno di cui siamo più consapevoli chiamati pensieri volontari, e altri così veloci e immediati che sono definiti “automatici”. Spesso, proprio perché così veloci, non abbiamo la consapevolezza della presenza dei pensieri automatici, ma la abbiamo più delle emozioni che ne conseguono e delle relative sensazioni fisiche che le accompagnano.
Il modello ABC – tecnica per identificare e monitorare i pensieri automatici.
Imparare a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali automatici può influire positivamente sul tono dell’umore. Dei tipici pensieri automatici negativi che passano per la mente delle persone depresse sono: “Sono un fallito! Non sarò mai in grado di fare nulla! Sono uno stupido”, “Mi considerano tutti un cretino e un perdente, e sicuramente mi lasceranno solo!”.
L’analisi ABC è una tecnica per identificare e monitorare i pensieri automatici.
A Evento attivante
Per prima cosa si deve individuare A che rappresenta un evento o una situazione in cui hai provato una forte emozione negativa come la depressione.
Nel punto A si descrive la situazione nello stesso modo in cui la registrerebbe una telecamera, cioè raccontando solo i fatti, senza riportare opinioni e/o sensazioni.
A = Ieri stavo passeggiando per strada e c’era molta gente intorno a me. A un certo punto noto un mio amico che sta camminando proprio nella mia direzione, ma quando arriva vicino a me non mi saluta e passa oltre.
C Conseguenze emotive e comportamentali
Il prossimo passo è identificare C, che include le emozioni e i comportamenti che hanno seguito l’evento A. Per prima cosa, dunque, dopo aver identificato A bisogna individuare le emozioni provate in quella situazione e assegnare un punteggio d’intensità in una scala che va da 0 a 100 (più alto è il numero più intensa è l’emozione). Si possono anche scrivere i comportamenti che hai adottato in quella situazione, come per esempio tornare subito a casa.
C = tristezza 40%, delusione 80%, turbamento 60%. Me ne torno subito a casa
B I tuoi pensieri
A questo punto si identificano i B, i pensieri, ovvero quello che ti passa per la testa in quel momento.
B = – Mi ha visto e non mi ha neppure salutato! – Sicuramente non voleva parlarmi e ha fatto finta di non vedermi – Avrà pensato di non voler perdere tempo con una persona noiosa come me!
Dopo aver individuato A e C, dunque, per facilitare l’identificazione dei pensieri (B) possiamo chiederci: “Cosa stavo pensando quando si è verificato l’evento?”, “Cosa mi stava passando per la mente?”.
Con l’aiuto del terapeuta, il paziente apprende a discutere i pensieri che fanno sì che si sperimenti un’emozione negativa e a formulare spiegazioni alternative e più funzionali (costruendone una lista più lunga possibile). Tale discussione cognitiva ha la funzione di aiutare il paziente a prendere le distanze dai propri pensieri e ad iniziare a considerarli come eventi psicologici e non come dati di realtà.
Prevenire la ricaduta della depressione – Come si può prevenire la ricaduta della depressione?
La depressione è spesso una condizione cronica che presenta delle ricadute che, anche se lievi, interferiscono con le normali attività quotidiane e impediscono alla persona di apprezzare la vita e goderla pienamente.
Perché la depressione ricompare? Quando le persone, per qualsiasi motivo, cominciano a pensare in modo più negativo, ricompare la depressione, perché è il pensiero che crea l’emozione. Durante il primo episodio depressivo, però, questa negatività non emerge subito alla formulazione dei primi pensieri, ma richiede un po’ di tempo. Dopo ripetuti episodi depressivi, si formano invece forti associazioni e questo fa sì che anche un piccolo stimolo scatenante, come un normale calo dell’umore, possa essere interpretato negativamente e diventare, quindi, un punto iniziale critico per la ricomparsa della depressione.
Da questo punto critico si innesca una spirale del pensiero ruminativo negativo che può condurre progressivamente a un senso di disperazione. Il sentirsi senza speranza porta poi al ritiro sociale e all’evitamento di un numero sempre maggiore di situazioni. Una volta che i vecchi pensieri sono attivati, spesso in maniera inconsapevole, risulta difficile svincolarsi dal circolo vizioso che innesca un nuovo episodio depressivo, perché è spesso frutto di una reazione istintuale, proprio come lo è il divincolarsi dalle sabbie mobili (Segal, Williams & Teasdale, 2013).
È di enorme importanza ricordare che, anche quando le persone si sentono bene, il collegamento tra l’umore negativo e i pensieri negativi resta pronto per essere riattivato. Questo implica, pertanto, che per modificare il proprio atteggiamento rispetto alla depressione è necessario apprendere le strategie per impedire che, attraverso la ruminazione, si finisca nuovamente in una spirale fuori controllo, anche a partire da un lieve calo del tono dell’umore.
Prevenire la ricaduta della depressione con la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT)Gli studi fatti da Zindel Segal (Toronto), Mark Williams (Galles) e John Teasdale (Cambridge) hanno dato vita al programma Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT). Questo protocollo, che è una rielaborazione del lavoro di Jon Kabat-Zinn sul programma di riduzione dello stress (MBSR) già sperimentato su più di 24000 pazienti negli ultimi 20 anni all’University of Massacchusetts, ha indagato come la meditazione possa aiutare le persone a stare meglio dopo essere state trattate con successo per depressione. Il lavoro di Segal, Williams e Teasdale si è basato sull’osservazione che, una volta che un paziente si è ripreso da un episodio depressivo, una quantità relativamente piccola di umore negativo, che può presentarsi, come abbiamo detto, per qualsiasi motivo, può scatenare nuovamente una grande quantità di pensieri negativi classici della depressione.
“Sono un fallimento”, “sono debole”, “sono senza valore”, “sono senza speranza” portano con sé sensazioni fisiche di debolezza, stanchezza o dolore inspiegabile. Sia i pensieri negativi che la stanchezza spesso sembrano, agli occhi degli altri, sproporzionati rispetto alla situazione.
I pazienti che credono di essere guariti possono sentirsi di nuovo al punto di partenza.
Si trovano in un loop ruminativo che li porta continuamente a chiedersi “cosa è andato male?”, “perché sta succedendo a me?”, “dove mi porterà tutto questo?”. Tale ruminazione induce le persone a cercare quasi ossessivamente una risposta, ma in realtà causa solo un prolungamento e un peggioramento della depressione. Il protocollo MBCT è designato ad aiutare coloro che soffrono di periodi di depressione e infelicità cronica attraverso uno strumento che permetta di affrontare tutto questo quando si ripresenta. L’evidenza di efficacia dell’MBCT è così robusta che il National Institute for Clinical and Health Excellence (NICE) anglosassone la consiglia a tutti coloro che hanno avuto due o più episodi depressivi.
In particolare:
- L’MBCT è più efficace delle dosi di mantenimento di antidepressivi nel prevenire una ricaduta nella depressione
- Tre quarti di coloro che hanno frequentato un corso MBCT e hanno assunto antidepressivi sono stati in grado di sospendere i farmaci entro 15 mesi
- L’MBCT può anche ridurre la gravità dei sintomi nei soggetti che stanno vivendo un episodio depressivo
- L’MBCT sembrerebbe ridurre i punteggi al BDI (Beck Depression Inventory) in soggetti con depressione farmaco resistente