Disturbi di personalità
Un disturbo di personalità è definito dal DSM-5 come “un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell'adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione”. Questa tipologia di disturbi, alcuni dei quali particolarmente gravi, è pertanto caratterizzato da un vero e proprio “stile” disfunzionale di pensiero, affettività, comportamento e rapporti interpersonali, che la persona manifesta in modo piuttosto stabile e continuativo. In questi quadri clinici, i problemi di adattamento non sono dunque meri eventi transitori – magari sorti in relazione con qualche circostanza avversa della vita – ma vanno intesi piuttosto come il modo in cui le persone esprimono abitualmente se stesse, in un costante e continuativo rapporto “difficile” con gli altri e con l’ambiente che li circonda.
Vi sono molte teorie relative allo sviluppo dei tratti di personalità e – conseguentemente – anche dei disturbi di personalità. Oltre alle teorie che si richiamano agli aspetti più tipicamente biologici e genetici (come ad es. le teorie del temperamento) ve ne sono numerose in ambito più strettamente psicologico. Tra queste, hanno assunto particolare rilievo le teorie cognitive e quelle evoluzionistiche. Secondo le prime (come ad es. quella di Aaron T. Beck), i disturbi di personalità vanno concettualizzati principalmente come dei pattern rigidi e disfunzionali di interpretazione e valutazione della realtà, da cui derivano comportamenti e manifestazioni emotive altrettanto disfunzionali; le seconde (come ad es. quella di Millon), ritengono che i disturbi di personalità siano una sorta di tentativo di adattamento all’ambiente andato storto: la persona ha cercato (erroneamente) di adattarsi a circostanze difficili o avverse, sovra-sviluppando talune caratteristiche e sotto-sviluppandone altre.
Sono stati concettualizzati diversi disturbi di personalità, ciascuno caratterizzato da specifiche manifestazioni di pensiero, di comportamento e di emotività. A seguire, una breve descrizione delle caratteristiche salienti dei vari disturbi, con i punti principali secondo una ben nota classificazione di Beck et al. (2004).
Disturbo paranoide di personalità
La caratteristica principale della persona con tratti paranoidi è quella di avere una forte propensione a percepire gli altri come malevoli. Questi soggetti sono caratterizzati da una spiccata sospettosità e da una forte sfiducia nelle altre persone. Il soggetto paranoide tende pertanto ad assumere atteggiamenti guardinghi quando interagisce con gli altri, è dubbioso circa i reali sentimenti che le persone possono nutrire nei suoi confronti, raramente si espone a confidenze e tende a portare rancore quando ha la percezione che qualcuno abbia mancato nei suoi confronti. Quella che segue è la schematica descrizione, secondo Beck, di alcuni degli aspetti cognitivi maggiormente salienti di chi presenta il disturbo e delle strategie principalmente adottate di conseguenza:
Il soggetto che soffre di disturbo di personalità di tipo schizoide è sostanzialmente un soggetto che predilige le situazioni solitarie e presenta una gamma di espressione emotiva alquanto ristretta. Queste persone mostrano piuttosto precocemente di avere poco o nessun interesse ad interagire con gli altri, spesso familiari compresi. Sono freddi emotivamente, indifferenti alle lodi o alle critiche e non mostrano interesse a costruire amicizie o relazioni sessuali o sentimentali. Scelgono attività o occupazioni tipicamente solitarie, poiché lo stare con gli altri viene vissuto come fonte di stress o di insoddisfazione.
Il soggetto con disturbo di personalità definito schizotipico è caratterizzato da un forte disagio nelle relazioni interpersonali, da credenze particolarmente strane, bizzarre o irrazionali (come ad es. la magia, la chiaroveggenza, la telepatia, il “sesto senso”, ecc.) e da un comportamento che presenta sovente eccentricità. Queste persone vengono di norma viste come “particolari”, stravaganti, anche per quanto riguarda il linguaggio, che può essere vago, metaforico, particolarmente elaborato, stereotipato o ricco di neologismi. Lo schizotipico non riesce a nascondere il proprio disagio in mezzo agli altri, è spesso sospettoso e presenta un modo inappropriato di esprimere la propria affettività.
Il soggetto con disturbo di personalità con tratti antisociali è caratterizzato dalla tendenza a violare le regole ed i diritti degli altri. Viene normalmente descritto come abile nel manipolare le altre persone, soprattutto quelle che percepisce più deboli. È impulsivo, non pianifica, tende a mentire senza vergogna né rimorso e nel suo comportamento vengono a palesarsi spesso aggressività, irresponsabilità, noncuranza per la sicurezza propria e altrui. Queste persone normalmente hanno spesso avuto problemi con l’autorità e con la giustizia: già nella storia infantile o giovanile di queste persone vi sono spesso problemi di comportamento, sin dai tempi della scuola (ad es. atti di bullismo, problemi con la legge, furti, uso di sostanze, precocità sessuale, aggressioni fisiche, ecc.).
Il Disturbo borderline di personalità si caratterizza per un quadro generale e pervasivo di instabilità che coinvolge le relazioni interpersonali, l’immagine di sé, l’umore ed il controllo degli impulsi. Queste persone si presentano come persone estremamente umorali e vivono le relazioni amicali, affettive e familiari in maniera particolarmente intensa e spesso altamente conflittuale. Il loro agire è spesso “per estremi”, passano velocemente dall’amore all’odio nei confronti delle persone, possono mettere in atto condotte impulsive, comportamenti dannosi, autolesivi o gesti suicidari. Questi pazienti vivono normalmente uno stato di profonda sofferenza psicologica, poiché l’immagine che hanno di sé è estremamente instabile, ambivalente, spesso caratterizzata da sentimenti profondi di inadeguatezza e dal lacerante timore di non essere amati e di essere abbandonati.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo istrionico presenta un pattern pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione. È in sostanza un soggetto che necessità dell’ammirazione altrui. Di conseguenza, questi pazienti adottano uno stile “impressionistico”, seducente e provocatorio. Queste persone vengono spesso descritte come frivole e suggestionabili. Possono assumere atteggiamenti imbarazzanti, per l’interlocutore, poiché si prendono spesso confidenze anche con persone conosciute da poco e possono manifestare emozioni e sentimenti secondo modalità che possono essere improprie, eccessive o teatrali.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo narcisista ha una visione pervasivamente grandiosa di sé, che si può manifestare nella fantasia, ma anche nel comportamento. Queste persone si sentono assolutamente “speciali”, hanno bisogno di ammirazione e presentano una scarsa empatia rispetto i sentimenti ed i bisogni degli altri. Il narcisista si aspetta costantemente trattamenti “di favore” nei suoi confronti, tende a sfruttare i rapporti interpersonali per raggiungere i propri scopi, è facile all’invidia e presenta sovente atteggiamenti arroganti e presuntuosi.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo evitante – come suggerisce il termine stesso – tende sistematicamente e pervasivamente ad assumere uno stile volto all’evitamento di tutto ciò che può essere fonte di ansia, stress, tensione, pericolo o responsabilità. Tutto ciò è associato ad un profondo senso di inadeguatezza ed alla ipersensibilità al giudizio altrui. Le persone con questi tratti sono perciò solite prediligere attività in cui non sono sottoposte al giudizio altrui e ad evitare situazioni interpersonali o intime in cui invece tale rischio è normalmente più elevato. Le attività solitarie e routinarie sono solitamente le preferite, mentre tutto ciò che è impegnativo o potenzialmente stressante viene solitamente procrastinato, delegato o direttamente evitato.
Nel disturbo di personalità di tipo dipendente il soggetto presenta una necessità eccessiva e pervasiva di essere protetto ed accudito. Queste persone hanno difficoltà a sviluppare condotte autonome, a separarsi dalle persone che giudicano protettive e a prendere decisioni, anche quelle del quotidiano. Il soggetto dipendente è in difficoltà ad esprimere disaccordo con gli altri, per timore di perdere supporto o approvazione; inoltre si sente particolarmente a disagio o indifeso quando è da solo, ritenendosi incapace di badare autonomamente a se stesso. Questo timore della solitudine può costituire un forte elemento di vulnerabilità interpersonale: infatti pur di non restare da solo il soggetto dipendente può essere disposto a sopportare forti umiliazioni e, nel caso di cessazione di una relazione affettiva, può essere indotto a ricercarne immediatamente un’altra, magari adattandosi eccessivamente alle caratteristiche (magari negative) dell’altra persona.
Il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità è rappresentato da un quadro pervasivo di preoccupazione per l’ordine, perfezionismo ed eccessivo bisogno di avere il controllo dell’ambiente. Il soggetto con questi tratti è sovente assai meticoloso, preciso, puntiglioso, una persona poco duttile che si può perdere in dettagli secondari, a spese di flessibilità ed efficienza. Sebbene condivida in buona parte la sua denominazione con il Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), questo disturbo presenta solo in 3-4 casi su dieci comorbilità con il suo quasi omonimo. In effetti, il DOC è caratterizzato da ossessioni e compulsioni, assenti invece in questo disturbo; inoltre, i pazienti con tratti ossessivi di personalità sono normalmente egosintonici (ritengono cioè che queste loro caratteristiche siano sostanzialmente non patologiche, positive e desiderabili), al contrario dei pazienti con DOC, che lottano strenuamente contro la loro sintomatologia, ritenendo i sintomi qualcosa di negativo ed indesiderato (pur non riuscendo a contrastarli).
Visione di sé: responsabile, affidabile, meticoloso, competente;
Visione degli altri: irresponsabili, trascurati, incompetenti, auto-indulgenti;
Convinzioni: so cosa è meglio; i dettagli sono cruciali; le persone dovrebbero fare meglio, sforzarsi di più;
Strategie: applicare regole; perfezionismo; valutare, controllare; dare regole, criticare, punire.
Trattamenti psicoterapeutici e terapia cognitivo-comportamentale
Il trattamento psicoterapeutico dei disturbi di personalità è molto complesso e lungo, in quanto è rivolto a modificare l’organizzazione complessiva di una persona e questo ovviamente non è possibile farlo in breve tempo e con facilità.
La complessità di questi disturbi implica anche il ricorso a diverse metodologie diagnostiche e di assessment. Oltre al colloquio clinico e agli strumenti di osservazione e monitoraggio, vengono normalmente utilizzati test standardizzati molto noti e diffusi internazionalmente, come ad es. il Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI-III) o il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI2 e MMPI2-RF).
La terapia cognitivo-comportamentale presenta numerose procedure terapeutiche, validate e di provata efficacia, per affrontare questi gravi disturbi: in particolare hanno avuto rilievo talune metodiche terapeutiche quali la terapia cognitiva di Beck, la terapia dialettico-comportamentale di M. Linehan (rivolta specificatamente al disturbo borderline), la Schema Therapy di Young.
Si tratta di interventi mirati a quadri di personalità particolarmente problematici che richiedono solitamente non meno di uno-due anni di terapia. La difficoltà nel trattamento di questi disturbi risiede soprattutto nel fatto che gli aspetti disfunzionali sono solitamente presenti da molto tempo e sono fortemente consolidati nel repertorio espressivo del soggetto. Gli interventi che possono pertanto favorire un significativo progresso terapeutico della persona ed un sostanziale miglioramento del suo adattamento, devono essere altamente specialistici e multicomponenziali. Per questo motivo, le terapie cognitivo-comportamentali propongono percorsi di trattamento ricchi ed articolati, composti di più “principi attivi”, così da allargare il più possibile la gamma di esperienze terapeutiche ed educative per questi soggetti e massimizzare le probabilità di buon esito terapeutico.
Un disturbo di personalità è definito dal DSM-5 come “un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell'adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione”. Questa tipologia di disturbi, alcuni dei quali particolarmente gravi, è pertanto caratterizzato da un vero e proprio “stile” disfunzionale di pensiero, affettività, comportamento e rapporti interpersonali, che la persona manifesta in modo piuttosto stabile e continuativo. In questi quadri clinici, i problemi di adattamento non sono dunque meri eventi transitori – magari sorti in relazione con qualche circostanza avversa della vita – ma vanno intesi piuttosto come il modo in cui le persone esprimono abitualmente se stesse, in un costante e continuativo rapporto “difficile” con gli altri e con l’ambiente che li circonda.
Vi sono molte teorie relative allo sviluppo dei tratti di personalità e – conseguentemente – anche dei disturbi di personalità. Oltre alle teorie che si richiamano agli aspetti più tipicamente biologici e genetici (come ad es. le teorie del temperamento) ve ne sono numerose in ambito più strettamente psicologico. Tra queste, hanno assunto particolare rilievo le teorie cognitive e quelle evoluzionistiche. Secondo le prime (come ad es. quella di Aaron T. Beck), i disturbi di personalità vanno concettualizzati principalmente come dei pattern rigidi e disfunzionali di interpretazione e valutazione della realtà, da cui derivano comportamenti e manifestazioni emotive altrettanto disfunzionali; le seconde (come ad es. quella di Millon), ritengono che i disturbi di personalità siano una sorta di tentativo di adattamento all’ambiente andato storto: la persona ha cercato (erroneamente) di adattarsi a circostanze difficili o avverse, sovra-sviluppando talune caratteristiche e sotto-sviluppandone altre.
Sono stati concettualizzati diversi disturbi di personalità, ciascuno caratterizzato da specifiche manifestazioni di pensiero, di comportamento e di emotività. A seguire, una breve descrizione delle caratteristiche salienti dei vari disturbi, con i punti principali secondo una ben nota classificazione di Beck et al. (2004).
Disturbo paranoide di personalità
La caratteristica principale della persona con tratti paranoidi è quella di avere una forte propensione a percepire gli altri come malevoli. Questi soggetti sono caratterizzati da una spiccata sospettosità e da una forte sfiducia nelle altre persone. Il soggetto paranoide tende pertanto ad assumere atteggiamenti guardinghi quando interagisce con gli altri, è dubbioso circa i reali sentimenti che le persone possono nutrire nei suoi confronti, raramente si espone a confidenze e tende a portare rancore quando ha la percezione che qualcuno abbia mancato nei suoi confronti. Quella che segue è la schematica descrizione, secondo Beck, di alcuni degli aspetti cognitivi maggiormente salienti di chi presenta il disturbo e delle strategie principalmente adottate di conseguenza:
- Visione di sé: retto, innocente, nobile, vulnerabile;
- Visione degli altri: interferenti, maligni, discriminanti, con motivazioni abusive;
- Convinzioni: i motivi altrui sono sospetti, devo stare sempre in guardia, non mi posso fidare;
- Strategie: stare attento, cercare motivi nascosti, accusare, contrattaccare.
Il soggetto che soffre di disturbo di personalità di tipo schizoide è sostanzialmente un soggetto che predilige le situazioni solitarie e presenta una gamma di espressione emotiva alquanto ristretta. Queste persone mostrano piuttosto precocemente di avere poco o nessun interesse ad interagire con gli altri, spesso familiari compresi. Sono freddi emotivamente, indifferenti alle lodi o alle critiche e non mostrano interesse a costruire amicizie o relazioni sessuali o sentimentali. Scelgono attività o occupazioni tipicamente solitarie, poiché lo stare con gli altri viene vissuto come fonte di stress o di insoddisfazione.
- Visione di sé: autosufficiente, solitario;
- Visione degli altri: intrusivi;
- Convinzioni: gli altri non sono gratificanti, i rapporti sociali sono fonti di confusione e indesiderabili;
- Strategie: stare da parte, stare per conto proprio.
Il soggetto con disturbo di personalità definito schizotipico è caratterizzato da un forte disagio nelle relazioni interpersonali, da credenze particolarmente strane, bizzarre o irrazionali (come ad es. la magia, la chiaroveggenza, la telepatia, il “sesto senso”, ecc.) e da un comportamento che presenta sovente eccentricità. Queste persone vengono di norma viste come “particolari”, stravaganti, anche per quanto riguarda il linguaggio, che può essere vago, metaforico, particolarmente elaborato, stereotipato o ricco di neologismi. Lo schizotipico non riesce a nascondere il proprio disagio in mezzo agli altri, è spesso sospettoso e presenta un modo inappropriato di esprimere la propria affettività.
- Visione di sé: irrealistico, distaccato, solitario, vulnerabile, sensibile e dotato di qualche aspetto supernaturale;
- Visione degli altri: non affidabili, malevoli;
- Convinzioni: pensiero strano, peculiare, magico, superstizioso; è meglio essere isolati dagli altri;
- Strategie: cercare e neutralizzare l’attenzione malevola altrui; stare da parte; essere attento a forze o eventi soprannaturali.
Il soggetto con disturbo di personalità con tratti antisociali è caratterizzato dalla tendenza a violare le regole ed i diritti degli altri. Viene normalmente descritto come abile nel manipolare le altre persone, soprattutto quelle che percepisce più deboli. È impulsivo, non pianifica, tende a mentire senza vergogna né rimorso e nel suo comportamento vengono a palesarsi spesso aggressività, irresponsabilità, noncuranza per la sicurezza propria e altrui. Queste persone normalmente hanno spesso avuto problemi con l’autorità e con la giustizia: già nella storia infantile o giovanile di queste persone vi sono spesso problemi di comportamento, sin dai tempi della scuola (ad es. atti di bullismo, problemi con la legge, furti, uso di sostanze, precocità sessuale, aggressioni fisiche, ecc.).
- Visione di sé: un solitario, autonomo, forte;
- Visione degli altri: vulnerabili, sfruttanti;
- Convinzioni: ho diritto di non seguire le regole, gli altri sono delle nullità, sono migliore degli altri;
- Strategie: attaccare, rubare, ingannare, manipolare.
Il Disturbo borderline di personalità si caratterizza per un quadro generale e pervasivo di instabilità che coinvolge le relazioni interpersonali, l’immagine di sé, l’umore ed il controllo degli impulsi. Queste persone si presentano come persone estremamente umorali e vivono le relazioni amicali, affettive e familiari in maniera particolarmente intensa e spesso altamente conflittuale. Il loro agire è spesso “per estremi”, passano velocemente dall’amore all’odio nei confronti delle persone, possono mettere in atto condotte impulsive, comportamenti dannosi, autolesivi o gesti suicidari. Questi pazienti vivono normalmente uno stato di profonda sofferenza psicologica, poiché l’immagine che hanno di sé è estremamente instabile, ambivalente, spesso caratterizzata da sentimenti profondi di inadeguatezza e dal lacerante timore di non essere amati e di essere abbandonati.
- Visione di sé: vulnerabile, deprivato di supporto emotivo, impotente, incontrollato, carente, non amabile, cattivo;
- Visione degli altri: se idealizzati, cioè potenti, amabili, perfetti; se svalutati, allora rifiutanti, controllanti, ingannevoli, abbandonanti;
- Convinzioni: non ce la faccio da solo; ho bisogno di qualcuno di cui fidarmi, non tollero emozioni spiacevoli, se mi fido di qualcuno, sarò ingannato, lasciato solo e abbandonato, la cosa peggiore è essere abbandonato, mi è impossibile controllarmi, merito di essere punito;
- Strategie: rinunciare ai propri bisogni per mantenere il legame; protestare drammaticamente, minacciare e/o diventare punitivi verso coloro che forse rifiutano; alleviare la tensione con autolesionismo e comportamenti autolesivi; tentare il suicidio come fuga.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo istrionico presenta un pattern pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione. È in sostanza un soggetto che necessità dell’ammirazione altrui. Di conseguenza, questi pazienti adottano uno stile “impressionistico”, seducente e provocatorio. Queste persone vengono spesso descritte come frivole e suggestionabili. Possono assumere atteggiamenti imbarazzanti, per l’interlocutore, poiché si prendono spesso confidenze anche con persone conosciute da poco e possono manifestare emozioni e sentimenti secondo modalità che possono essere improprie, eccessive o teatrali.
- Visione di sé: glamorous, affascinate, in grado di fare buone impressioni sugli altri;
- Visione degli altri: possono essere sedotti, ricettivi e ammiranti;
- Convinzioni: le persone esistono per servirmi o ammirarmi, le persone non possono negarmi ciò che mi spetta, posso procedere in base ai miei bisogni;
- Strategie: impiegare la teatralità, il fascino, fare capricci, piangere; fare gesti suicidari.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo narcisista ha una visione pervasivamente grandiosa di sé, che si può manifestare nella fantasia, ma anche nel comportamento. Queste persone si sentono assolutamente “speciali”, hanno bisogno di ammirazione e presentano una scarsa empatia rispetto i sentimenti ed i bisogni degli altri. Il narcisista si aspetta costantemente trattamenti “di favore” nei suoi confronti, tende a sfruttare i rapporti interpersonali per raggiungere i propri scopi, è facile all’invidia e presenta sovente atteggiamenti arroganti e presuntuosi.
- Visione di sé: speciale, unico, meritevole di trattamenti peculiari, al di sopra delle regole;
- Visione degli altri: inferiori, ammiratori;
- Convinzioni: siccome sono speciale, merito speciali regole; sono al di sopra delle regole; sono migliore degli altri;
- Strategie: usare gli altri; trascendere le regole; manipolare; competere.
Il soggetto con disturbo di personalità di tipo evitante – come suggerisce il termine stesso – tende sistematicamente e pervasivamente ad assumere uno stile volto all’evitamento di tutto ciò che può essere fonte di ansia, stress, tensione, pericolo o responsabilità. Tutto ciò è associato ad un profondo senso di inadeguatezza ed alla ipersensibilità al giudizio altrui. Le persone con questi tratti sono perciò solite prediligere attività in cui non sono sottoposte al giudizio altrui e ad evitare situazioni interpersonali o intime in cui invece tale rischio è normalmente più elevato. Le attività solitarie e routinarie sono solitamente le preferite, mentre tutto ciò che è impegnativo o potenzialmente stressante viene solitamente procrastinato, delegato o direttamente evitato.
- Visione di sé: vulnerabile al rifiuto, alla disapprovazione; socialmente inetto, incompetente;
- Visione degli altri: critici, svalutativi, superiori;
- Convinzioni: è terribile essere rifiutato, svalutato; se la gente scoprirà ciò che sono realmente, mi rifiuterà; non posso tollerare emozioni spiacevoli;
- Strategie: evitare situazioni valutative; evitare pensieri e affetti spiacevoli.
Nel disturbo di personalità di tipo dipendente il soggetto presenta una necessità eccessiva e pervasiva di essere protetto ed accudito. Queste persone hanno difficoltà a sviluppare condotte autonome, a separarsi dalle persone che giudicano protettive e a prendere decisioni, anche quelle del quotidiano. Il soggetto dipendente è in difficoltà ad esprimere disaccordo con gli altri, per timore di perdere supporto o approvazione; inoltre si sente particolarmente a disagio o indifeso quando è da solo, ritenendosi incapace di badare autonomamente a se stesso. Questo timore della solitudine può costituire un forte elemento di vulnerabilità interpersonale: infatti pur di non restare da solo il soggetto dipendente può essere disposto a sopportare forti umiliazioni e, nel caso di cessazione di una relazione affettiva, può essere indotto a ricercarne immediatamente un’altra, magari adattandosi eccessivamente alle caratteristiche (magari negative) dell’altra persona.
- Visione di sé: bisognoso, debole, impotente, incompetente;
- Visione degli altri: idealizzati, fonti di sostegno e di aiuto, competenti;
- Convinzioni: ho bisogno degli altri per vivere ed essere felice; necessito di un costante flusso di sostegno e incoraggiamento;
- Strategie: coltivare relazioni dipendenti.
Il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità è rappresentato da un quadro pervasivo di preoccupazione per l’ordine, perfezionismo ed eccessivo bisogno di avere il controllo dell’ambiente. Il soggetto con questi tratti è sovente assai meticoloso, preciso, puntiglioso, una persona poco duttile che si può perdere in dettagli secondari, a spese di flessibilità ed efficienza. Sebbene condivida in buona parte la sua denominazione con il Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), questo disturbo presenta solo in 3-4 casi su dieci comorbilità con il suo quasi omonimo. In effetti, il DOC è caratterizzato da ossessioni e compulsioni, assenti invece in questo disturbo; inoltre, i pazienti con tratti ossessivi di personalità sono normalmente egosintonici (ritengono cioè che queste loro caratteristiche siano sostanzialmente non patologiche, positive e desiderabili), al contrario dei pazienti con DOC, che lottano strenuamente contro la loro sintomatologia, ritenendo i sintomi qualcosa di negativo ed indesiderato (pur non riuscendo a contrastarli).
Visione di sé: responsabile, affidabile, meticoloso, competente;
Visione degli altri: irresponsabili, trascurati, incompetenti, auto-indulgenti;
Convinzioni: so cosa è meglio; i dettagli sono cruciali; le persone dovrebbero fare meglio, sforzarsi di più;
Strategie: applicare regole; perfezionismo; valutare, controllare; dare regole, criticare, punire.
Trattamenti psicoterapeutici e terapia cognitivo-comportamentale
Il trattamento psicoterapeutico dei disturbi di personalità è molto complesso e lungo, in quanto è rivolto a modificare l’organizzazione complessiva di una persona e questo ovviamente non è possibile farlo in breve tempo e con facilità.
La complessità di questi disturbi implica anche il ricorso a diverse metodologie diagnostiche e di assessment. Oltre al colloquio clinico e agli strumenti di osservazione e monitoraggio, vengono normalmente utilizzati test standardizzati molto noti e diffusi internazionalmente, come ad es. il Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI-III) o il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI2 e MMPI2-RF).
La terapia cognitivo-comportamentale presenta numerose procedure terapeutiche, validate e di provata efficacia, per affrontare questi gravi disturbi: in particolare hanno avuto rilievo talune metodiche terapeutiche quali la terapia cognitiva di Beck, la terapia dialettico-comportamentale di M. Linehan (rivolta specificatamente al disturbo borderline), la Schema Therapy di Young.
Si tratta di interventi mirati a quadri di personalità particolarmente problematici che richiedono solitamente non meno di uno-due anni di terapia. La difficoltà nel trattamento di questi disturbi risiede soprattutto nel fatto che gli aspetti disfunzionali sono solitamente presenti da molto tempo e sono fortemente consolidati nel repertorio espressivo del soggetto. Gli interventi che possono pertanto favorire un significativo progresso terapeutico della persona ed un sostanziale miglioramento del suo adattamento, devono essere altamente specialistici e multicomponenziali. Per questo motivo, le terapie cognitivo-comportamentali propongono percorsi di trattamento ricchi ed articolati, composti di più “principi attivi”, così da allargare il più possibile la gamma di esperienze terapeutiche ed educative per questi soggetti e massimizzare le probabilità di buon esito terapeutico.